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La ristorazione italiana deve puntare sugli ingredienti

oscar-farinetti.jpgOscar Farinetti è il padre di Eataly, il più grande supermercato enogastronomico del mondo che vanta sedi in Italia e all’estero. La sede storica nasce a Torino nel 2007, ben 11.000 metri quadri su tre piani dedicati interamente al food di qualità, a prezzi sostenibili. Affianco al market Eataly offre anche la ristorazione fuori casa con otto ristoranti a tema. Il format ha successo e viene replicato in altre città, sbarcando anche a Tokio e New York ed esportando così, insieme ai prodotti e alla cucina italiana, un’idea di impresa che è valsa a Farinetti l’attenzione dei professionisti del settore e della stampa italiana ed estera. La sua storia e la storia di Eataly ha anche ispirato la giornalista Anna Sartorio a scrivere un libro per Sperling & Kupfer, “Il mercante di utopie”. Pizza&core intervista Oscar Farinetti in queste pagine in virtù della grande forza innovatrice e la navigata esperienza di questo imprenditore torinese, classe 1954, che meglio di altri può raccontare la ristorazione italiana nel mondo.

Qual è secondo Lei lo stato di salute generale della ristorazione italiana in Italia?
«Non gode di piena salute, ma resta una delle migliori a livello europeo. Lavorano ancora molto bene le osterie con prezzi accessibili. Chi lavora in questo settore di solito lavora tantissimo a fronte di guadagni piuttosto bassi. Se continuiamo su questa strada rischiamo di arrivare ad un decadimento, come è già avvenuto in Francia».

Nel resto del mondo invece?
«Più o meno il trend è simile alla nostra situazione».

Quali sono i prodotti di qualità più venduti all’estero nei suoi store?
«La pasta, il vino, i salumi e i formaggi».

Quali invece i piatti più amati nelle sue aree ristorative?
«Ovunque la pasta e la pizza. Ma ogni italiano ha gusti molto diversi, come per esempio accade per il caffè e per l’olio extra vergine di oliva. Ogni italiano è convinto che la propria idea sia la migliore e oppone resistenza al cambiarla».

Cosa si apprezza all’estero della cucina italiana? Per esempio la qualità dei prodotti? La fantasia degli abbinamenti? E come è percepito all’estero il nostro amore per il cibo e la cucina?
«Ciò che si apprezza di più è la semplicità e la ricerca di materie prime di qualità. Credo che queste siano tra le caratteristiche che rendono la cucina italiana più apprezzata. Il nostro amore per il cibo è universalmente riconosciuto, ma spesso da parte nostra non c’è la cultura che dovrebbe esserci».


Esiste un identikit del cliente tipo che ama il Made in Italy all’estero?
«Non amo molto fare identikit, ma in linea di massima credo che si tratti di persone mediamente colte e magari con origini italiane. In più, il cibo italiano è anche eternamente di moda».

Parliamo di Pizza. Qual è secondo lei la qualità generale della pizza italiana nel nostro Paese?
«Direi che è mediamente buona. Noi italiani siamo convinti che l’Italia sia il posto in cui si mangia meglio al mondo, ma in realtà abbiamo abitudini fatte di molta approssimazione, a volte basate su presupposti non corretti. Dovremmo essere un po’ più umili nei confronti della nostra cucina nazionale, soprattutto quando viaggiamo».

E fuori dall’Italia, com’è la pizza?
«Ognuno, nel mondo, fa la pizza come vuole e come riesce. Alla base deve esserci tecnica e capacità di scegliere le materie prime giuste. Tutto il resto fa parte di una variabile che può solo essere curiosa e anche gradevole da sperimentare».


Che consigli darebbe ad un pizzaiolo e ad un ristoratore che vuole aprire un locale all’estero? Ad esempio quali sono i paesi che più apprezzano il made in Italy? Inoltre cosa bisogna fare per guadagnare la fiducia dei clienti?
«Se vogliono aprire una pizzeria di stile italiano direi loro di cercare di essere integralisti e di non cedere a tentazioni per assecondare i gusti locali. Direi loro di fare un menù con pochissime pizze e di scegliere solo materie prime di altissima qualità. Infine, direi loro di puntare tutto sulla pizza Margherita che, nella sua semplicità, resta sempre una delle più apprezzate. Ai clienti bisogna sempre parlare con franchezza, in modo diretto e senza mentire. Questo può far guadagnare fiducia».

Infine, a conclusione della nostra chiacchierata, Pizza&core è curiosa di sapere qual è la sua pizza preferita e quando l’ha mangiata l’ultima volta.
«È la Margherita. L’ho mangiata la settimana scorsa. Quella buona è fatta con Fiordilatte, pomodoro San Marzano e un filo d’olio extra vergine di oliva messo a crudo».


25/10/2011

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